[CONCLUSA] Per sempre

Raccontaci le tue storie di gioco!
Da quelle inventate alle sfide che hai intrapreso!
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archisim
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#81

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Mentre Luce rifletteva sui suoi sbagli - o sul suo straordinario atto di coraggio? - Lestat doveva come sempre combattere con il demone che si agitava dentro di lui, che in ogni momento era in grado di sopraffarlo e di ucciderlo, e che si faceva sempre più potente, giorno dopo giorno.
E come lui, centinaia di uomini soffrivano le pene dell’inferno a causa della maledizione che li aveva colpiti, e sotto gli occhi di Clodia, che impotente vedeva il suo adorato nipote consumare la sua anima per sopravvivere, molti sudditi si toglievano la vita, incapaci di patire ancora tale tortura.

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Quando Lestat aveva uno dei suoi attacchi, Clodia non poteva fare altro che cercare di lenire il dolore con antidoti-placebo che quindi avevano solo l'effetto di limitare la sofferenza fisica del nipote o del figlio il quale, anch’egli di sangue misto, subiva le conseguenze della maledizione.
Questa situazione di impotenza, malgrado gli innumerevoli tentativi di trovare una cura definitiva o un incantesimo in grado di sopraffare quello invocato da Emeraude, e il senso di inferiorità nel sentirsi sopraffatta da un’altra donna più potente, rendeva Clodia furiosa con se stessa e fomentava in lei l'odio verso la stirpe dei Fiori, causa di questa disgrazia.
Un giorno, studiando un raro manoscritto di magia nera, Clodia trovò un indizio in un incantesimo perduto, il quale doveva essere stato scritto prima che le due stirpi - Fiori e Pietra - dessero vita a due ceppi genealogici distinti.
L'antico scritto rammentava appunto come Fiori e Pietra fossero in principio parte di una unica entità: qual’ora una parte di essa fosse venuta a mancare, l'altra avrebbe dovuto sopperire alla mancanza in modo equivalente.
Partendo da questo principio, Clodia condusse numerose ricerche studiando le genealogie dei due casati, e ne estrasse la formula che secondo lei avrebbe annullato l’effetto della maledizione.
Rinnovata nella speranza, concepì un grandioso piano che negli anni si sarebbe sviluppato, fino a portare a lei gli ‘ingredienti’ per il suo incantesimo.

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Sebbene tenuti all’oscuro di molti dettagli, Sephiro e Lestat potevano ben intuire che le intenzioni di Clodia non sarebbero state del tutto pacifiche, e che la stessa non avrebbe esitato a sacrificare vite umane pur di porre fine a questo supplizio.
Lestat in particolare, forse grazie alla più profonda conoscenza della zia, aveva ormai capito che fallito il tentativo con Nova, la vittima predestinata sarebbe stata Luce.
Incapace di restare indifferente a tale crudeltà, Lestat aveva deciso di mettere da parte la speranza per un futuro senza sofferenza per salvare la vita della sorella.

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Durante il cambio della guardia alle prigioni, Lestat riuscì a raggiungere la cella dove era tenuta Luce: la fanciulla, vedendo il giovane cercare di offrirle ancora una volta la libertà a discapito della propria incolumità, ebbe finalmente la certezza che Lestat non poteva che essere il fratellastro, frutto della relazione clandestina della madre con il principe della leggenda.
E ancora una volta Luce avvertì quel senso di responsabilità, quel ‘peso’ che già una volta l’aveva spinta a rinunciare alla sua fortuna, a mettere in gioco la sua vita per un bene che lei riteneva più prezioso: la felicità del suo popolo.
Luce era disposta a sacrificare sè stessa pur di mettere fine alla sanguinosa rivalità tra i due casati e, anche se ancora non poteva sapere cosa l’aspettasse, spiegò tra le lacrime a Lestat che se lei poteva essere il mezzo per sanare il maleficio, allora il suo sacrificio non sarebbe stato vano.
Lestat, profondamente scosso e con il cuore che scoppiava di dolore, non ebbe nemmeno il tempo di stringere Luce in quell’abbraccio fraterno che per troppo tempo era stato rimandato: una guardia giunse a reclamare la vittima sacrificale.
Il momento fatidico era giunto, ed entrambi sarebbero stati condotti al luogo mistico dove sarebbe stato evocato l’incantesimo finale.

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#82

Pars lapis et pars florum
Il giorno prestabilito per l'incantesimo finale era dunque arrivato e nel cuore della notte un piccolo corteo si avviava silenziosamente verso l'altopiano del monte Sic, luogo in cui da tempo immemorabile si celebravano importanti riti e all'occorrenza anche dei sacrifici.
Clodia camminava davanti a tutti, con passo svelto e incedere sicuro: troppo spesso ormai aveva visitato quel posto per esercitare i suoi poteri magici, e non c'era più sasso o sporgenza che la cogliesse di sorpresa.
Dietro di lei seguivano mestamente Lestat e Sephiro, mentre in coda veniva Luce la quale, sebbene controllata a vista da una guardia armata, non aveva mostrato il minimo segno di resistenza a seguire il gruppo, ormai probabilmente rassegnata al suo destino.

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Giunti alla spianata dove si sarebbe tenuto il rito, Clodia si preparò al leggio sul quale era aperto un polveroso e antico manoscritto di incantesimi, e mentre ella pronunciava le prima parole di introduzione al rito, una fitta nebbia umida iniziava già ad avvolgere ogni cosa.

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Luce fu indirizzata dalla guardia verso il centro di un cerchio magico segnato sul terreno dinnanzi al leggìo, e non appena il cerchio avverti la sua presenza si illuminò di una luce sinistra e iniziò a convogliare la sua energia intorno alla vittima, quasi anch’esso fosse impaziente di ricevere il suo tributo.
La nebbia si faceva sempre più fitta e nell’aria di poteva percepire il sapore frizzante dell’elettricità presente mentre le ombre dei rami rinsecchiti si chiudevano intorno al cerchio magico formando una prigione cupa ed impalpabile.

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Clodia: Pars lapis et pars florum, una anima sunt. Qua parte defuerit, ille erit.

Le prime parole scandite ad alta voce da Clodia provocarono un forte aumento dell’energia presente all’interno del cerchio magico che investì Luce, la quale si contorse un una smorfia di dolore prima di venire sollevata da terra e perdere i sensi.
All’interno del cerchio magico ora era presente la ‘pars floris’ ovvero il contributo del casato dei Fiori che era necessario per rompere la maledizione.
A causa di questa stregoneria i due casati da sempre uniti, Fiori e Pietra, avevano deciso di separare i loro destini, ma senza saperlo avevano firmato la propria condanna: una parte di Fiori, una parte di Pietra, formano insieme una sola anima.. quando una parte viene a mancare, l’altra deve sopperire alla mancanza.

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Quando Luce fu saldamente stretta nell’invisibile morsa di energia, Clodia, facendo un cenno alla guardia, ordinò che Sephiro venisse condotto anch’egli all’interno del cerchio.
Clodia intendeva così pareggiare il conto secondo lei aperto tempo addietro dal fratello Louis, il quale aveva offerto se stesso per salvare il figlio Lestat: Louis e Luce sarebbero quindi stati sufficienti per livellare la presenza di sangue dei Fiori e sangue della Pietra, ma dai numerosi studi - e sanguinosi esperimenti - fatti, Clodia aveva purtroppo scoperto che il cerchio di magia non si attivava completamente se all’interno non era presente, al momento dell’invocazione, almeno una minimo contributo di entrambe le parti.
La madre aveva deciso di offrire in sacrificio il proprio figlio, frutto dell’amore congiunto di lei, Pietra, e di un intraprendente esploratore appartenente al Casato dei Fiori: possedendo solo una parte di sangue della Pietra, Sephiro avrebbe potuto così attivare il cerchio magico.
Poco prima del termine del rito, Clodia avrebbe tentato di liberare il figlio per non ritornare altrimenti in disparità di parti: l’operazione era senz’altro rischiosa e nemmeno Clodia sapeva con certezza se la sua strategia sarebbe riuscita, ma a questo punto non esisteva cosa o persona che ella non sarebbe stata disposta a sacrificare pur di portare a termine il tutto.

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In conclusione Sephiro, fino all’ultimo ignaro, e Luce, rassegnata, erano stati designati ormai da tempo come strumenti di purificazione ed ora levitavano uno accanto all’altro all’interno del potente vortice magico che si era creato non appena anche il cavaliere aveva varcato la linea che segnava a terra i confini del cerchio magico.
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#83

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Ma quando ormai l’incantesimo sembrava avviato correttamente e Clodia era già in fase avanzata con la formula, accadde qualcosa di imprevisto: mentre il cerchio magico, con Luce e Sephiro imprigionati all’interno, brillava ancora intensamente di energia, un lampo incandescente saettò fuori colpendo in pienò il leggìo e scaraventando Clodia al suolo.

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Interrotto così bruscamente l’incantesimo, l’energia all’interno del cerchio magico divenne incontrollabile e iniziò a pulsare intensamente a ritmo sempre più veloce: all’interno Sephiro e Luce furono risvegliati dal loro torpore e furono investiti da una scarica di fuoco violenta che li avrebbe rapidamente uccisi se Lestat, intuendo la situazione di pericolo, lasciando da parte il raziocinio, non si fosse prontamente gettato a capofitto nel vortice di energia.

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Ciò che accadde quando Lestat entrò nel cerchio magico, non è possibile spiegarlo tramite formule magiche o calcoli cabalistici: Lestat vide il suo amico e la propria sorella in pericolo, non si preoccupò di bilanciamenti, di maledizioni, non si preoccupò nemmeno di mandare a monte tutto quanto, si lanciò e basta.

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Con i tre all’interno, il cerchio magico ebbe come un improvviso sovraccarico, la potenza dell’energia liberatasi divenne sempre più intensa, un fascio di luce calda e bianchissima investì la radura, Clodia, e tuttò ciò che si trovava intorno per un raggio di svariati chilometri, finchè una esplosione fragorosa riportò il silenzio sulla collina.
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#84

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Quando Lestat si risvegliò, i suoi occhi erano ancora indolenziti per via della luce accecante provocata dall’esplosione di energia ma, quando fu in grado di mettere di nuovo a fuoco, ciò che vide lo lasciò senza fiato: non si trovava più infatti nella spianata dove era iniziato il rito, e accanto a lui non vi era traccia nè di Luce, nè di Sephiro, nè tantomeno di Clodia.
Lestat si trovava completamente nudo disteso su una spiaggia bianchissima, in un luogo sconosciuto immerso in una calma tiepida e silenziosa, dove l’unico suono che si poteva udire era quello del rituale distendersi delle onde sulla battigia.

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L’unica altra forma di vita in quel luogo misterioso era rappresentata da un rigoglioso ciliegio che si ergeva poco distante, le cui radici affondavano direttamente nella sabbia e che cresceva a pochi metri dalla riva: avvicinandosi, Lestat notò che all’ombra dei rami dell’albero stava ad attenderlo una donna dai lunghi capelli setosi di un acceso colore rosato.

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Dapprima Lestat pensò fosse Luce, ma una volta giunto abbastanza vicino da distinguerne i tratti del volto, capì che non poteva trattarsi della sorella, e nello sguardo malinconico e dolce che quella donna gli rivolgeva riconobbe la madre, Emeraude, che non aveva mai conosciuto e delle cui imprese aveva solo potuto sentire parlare.
Senza che Lestat proferisse parola, la madre si voltò verso un punto indefinito dietro di lei, e proprio in quel punto si aprì un portale verso la dimensione da dove proveniva Lestat, mostrando una Clodia allo stremo delle forze imprigionata all’interno dell’energia del cerchio magico che ella stessa aveva generato.

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Emeraude: Lo squilibrio è stato compensato, tra poco Fiori e Pietra torneranno a coesistere pacificamente in un’unica anima.
Lestat: Madre.. voi siete.. viva?


Alla domanda del figlio, Emeraude dovette con dolore spiegare come la dimensione in cui stava immaginando di trovarsi non era altro che il regno della Luce Eterna, luogo in cui l’anima, dopo la morte terrena, veniva a rifugiarsi finchè non si fosse completamente rigenerata, pronta per tornare sulla terra sotto una diversa forma e riprendere il suo ciclo infinito: il sovraccarico di energia provocato dallo squilibrio all’interno del cerchio magico aveva aperto un portale tra le due dimensioni, dal quale lei aveva potuto percepire la presenza del figlio e portarlo temporaneamente in salvo nella propria dimensione ultraterrena, ma ormai l’energia andava esaurendosi, e presto il portale si sarebbe di nuovo chiuso..

Emeraude: ..separandoci ancora una volta, per sempre.

Sentendo queste parole, Lestat capì che nemmeno un attimo poteva essere più sprecato, e si buttò come un bambino tra le braccia della madre, la quale potè dopo tanto tempo cingere stretta stretta la sua creatura, piangendo e accarezzando con infinita dolcezza il volto di quello che ormai era diventato un uomo virile e orgoglioso, come se stesse accarezzando per la prima volta il viso delicato di un neonato.

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Ancora incredulo per avere finalmente potuto conoscere la donna che lo aveva messo al mondo, Lestat non era più in grado di pronunciare verbo alcuno, ma Emeraude poteva leggere nei suoi occhi il senso di disorientamento e smarrimento così i due presero a passeggiare lungo la battigia, uno accanto all’altra, godendo di quegli ultimi preziosi momenti insieme, parlandosi con gli occhi e con il cuore, come solo una madre e un figlio sanno fare.
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#85

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Improvvisamente Emeraude si arrestò: il momento della separazione era giunto e, con infinita tristezza, rivolgendo un’ultima carezza al figlio, lo rassicurò sul futuro del suo regno, finalmente liberato dalla maledizione poichè sangue di Pietra e sangue di Fiori era stato versato in abbondanza e in ugual misura all’interno del cerchio magico.
Sebbene Lestat non capisse il senso delle ultime parole di Emeraude, riuscì solo a pensare a quanto fosse bella la madre, prima di perdere del tutto i sensi.

***


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Sulla stessa spiaggia, a qualche duna di distanza dal ciliegio e da Lestat, si erano risvegliati anche Luce e Sephiro, anch’essi nudi, stretti in un tenero abbraccio.
Poco importava di come fossero finiti lì, ma la bellezza di quel luogo così in pace e tranquillo aveva liberato le loro menti da ogni pensiero, e l’unica certezza era che in quel momento fossero insieme, senza ostacoli tra loro.

Sephiro: Siamo.. morti?
Luce: Ha forse importanza? Siamo insieme..


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Dopo aver passeggiato silenziosamente insieme mano nella mano sulla spiaggia, Sephiro si fermò, si girò verso Luce, e le disse che, sebbene fosse meraviglioso, quello che stava accadendo non poteva essere che un sogno, un incredibile, dolcissimo sogno.
Anche Luce sembrava averne la consapevolezza, ma non poteva, anzi non voleva fuggire da quella visione.. lei e Sephiro, solo loro due, per sempre? Non era ciò che aveva sempre desiderato, sin da quando era bambina, sin da quando, gelosa, spiava la sorella nei suoi incontri romantici con il suo bel cavaliere?
Poteva essere lei tanto egoista da trascinare il suo affascinante innamorato nel suo sogno, e trattenerlo lì per sempre? In cuor suo conosceva bene la risposta: era Sì! Poteva.. Cosa mai aveva chiesto nella vita? Aveva persino deciso di sacrificarsi al suo destino, qualunque fosse stato il malefico piano ordito da Clodia, per sciogliere la maledizione e salvare entrambi i regni.. era forse il premio che il destino aveva deciso di consegnarle.. un regno incantato dove vivere in pace con l’amore della sua vita.

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Sephiro guardò Luce intensamente quando lei espresse il desiderio di restare lì per sempre, senza farsi domande, godendo semplicemente l’uno dell’altra per tutto il tempo che sarebbe stato concesso loro.
In quel momento, stanca di lottare contro il suo corpo e contro la maledizione - che in quel momento sembrava indebolitasi a tal punto da provocargli un piacevole sollievo - la volontà di Sephiro era totalmente soggiogata dalla bellezza della donna che gli stava davanti, e che gli stava dicendo di amarlo sin da quando era bambina, di essere l’unico uomo del quale si sarebbe mai innamorata, di voler passare tutta la sua vita insieme.. e così Sephiro chiuse gli occhi e baciò Luce, la baciò con passione, la baciò con ingenuità, poichè non sapeva che quel bacio avrebbe suggellato per sempre la loro unione, tacito simbolo dell’amore incondizionato che egli le stava offrendo.

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#86

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I corpi di Sephiro e Luce, ancora uniti nel loro eterno abbraccio, luccicavano alla luce del fresco sole mattutino, nella loro eterna nuova natura incorruttibile, per sempre intrappolati in un mondo che non apparteneva loro, inconsapevoli vittime del sacrificio che aveva così rotto la maledizione contro cui entrambi avevano a lungo lottato.

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Poco più in là, disteso su un morbido letto di fiori che avevano preso il posto dei rovi e degli alberi appassiti e ricoprivano ora l’interno altopiano, si era ridestato dal suo torpore anche Lestat, desolatamente solo, senza più Emeraude nè Clodia nè Luce nè Sephiro, ma anche finalmente solo con sè stesso, senza più quel demone provocato dalla maledizione che da troppo tempo si agitava nel suo corpo.

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Al centro della spianata, ancora di fronte al leggìo, giaceva invece il corpo esausto di Clodia, la quale era stata coinvolta nel flusso di energia suo malgrado e che, grazie al suo sacrificio aveva potuto dare il giusto contributo da parte della Pietra perchè l’equilibrio tra i due casati fosse ristabilito: infatti il sacrificio passato di Louis era già stato pareggiato con quello di Emeraude, che in punto di morte aveva rivolto le sue ultime energie contro la maledizione che ella stessa aveva generato anni prima.
All’interno del cerchio di energia la pars Florum era quindi rappresentata interamente da Luce, che era stata compensata dalla pars Lapis di Clodia, mentre Sephiro, seppur presente, portando in sè entrambe le parti non aveva prodotto alcuno squilibrio.
Unico superstite restava quindi Lestat, probabilmente salvato in extremis dalla madre, la quale sapeva che avrebbe dovuto sacrificare uno dei suoi figli, Luce o Lestat, e aveva scelto di donare ala figlia un sogno infinito e forse felice, restituendo invece a Lestat alla sua realtà, poichè egli nella sua dimensione aveva ancora delle responsabilità a cui non poteva sottrarsi.

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Raccolta tra le braccia Clodia, ormai allo stremo delle forze e distrutta nel corpo e nell’anima, Lestat si diresse silenziosamente verso il castello, dove avrebbe dato degna sepoltura alla malgrado tutto amata zia e ripreso in mano le redini del suo regno e della sua vita.
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#87

...molti anni dopo..

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..ogni sera al tramonto mi siedo qui, sulla sponda di questa fontana, e ti pongo la stessa domanda.. sorellina adorata..

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..mi domando se sorridi ancora nel posto in cui ti trovi, se il tuo amore è ancora vivido e se i tuoi occhi brillano ancora come li ricordo.. mi manchi così tanto, e trovo un po’ di sollievo solo ad immaginarti felice insieme al tuo cavaliere..

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..ma ogni volta che vengo qui e parlo con te, la domanda che mi più mi tormenta e a cui non trovo risposta è.. se era proprio questo che volevi, quando sognavi di vivere il tuo amore, per sempre..

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*FINE*
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#88

Epilogo
Dopo i tumultuosi eventi conseguenti all’attivazione del cerchio magico e alla sconfitta definitiva della maledizione che incombeva sul regno, i due casati, Fiori e Pietra, conobbero finalmente un periodo di pace: la regina Nova seppe recuperare le redini della sua vita e riprendere il governo dei suoi sudditi, questa volta con una politica non più espansionistica e soppressiva ma aperta alla fratellanza e alla collaborazione: ella non voleva rendere vano il sacrificio della sorella, e si era ripromessa di ristabilire i rapporti con il casato della Pietra favorendo il dialogo e incoraggiandone gli scambi.
In questo modo in pochi anni si erano riallacciate anche relazioni ‘di altro genere’ e ben presto tornarono a popolare il regno vivaci bambini dalla pelle avorio e curiosi capelli dai colori variopinti.

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Dalla scomparsa di Luce molte altre cose erano cambiate a palazzo.
Le dame di compagnia della principessa si erano volontariamente licenziate dal loro ruolo, Umi per potersi occupare del piccolo che portava in grembo e Fuu per dedicarsi ai suoi studi letterari e intraprendere la carriera di biografa di corte: la prima si era trasferita definitivamente nella modesta ma accogliente casa di famiglia, nelle campagne confinanti con i giardini reali, mentre la seconda, in affitto presso una locanda, passava intere giornate dall’amica, dove traeva ispirazione per i suoi scritti respirando l’aria frizzante, assaporando i frutti della terra coltivati da Umi e sorseggiando deliziosi thè dai gusti fruttati.

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Il piccolo Leslie cresceva robusto e vivace, assomigliando ogni giorno di più al padre che però non aveva mai conosciuto, poichè Lestat, dopo la morte della zia, si era ritrovato con un intero regno sulle spalle e, sebbene non ricoprisse un ruolo ufficiale, molti sudditi appartenenti al casato della Pietra vedevano ancora la sua famiglia come un punto di riferimento.

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Le giornate trascorrevano limpide e assolate, e Umi e Fuu non avrebbero potuto sognare un futuro più tranquillo, occupandosi entrambe del piccolo e vivendo in semplicità.

Umi: Leslie non allontanarti troppo.. ahh da quando ha imparato a camminare non riesco più a tenerlo, gli piace proprio esplorare

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Ma poichè, come ben abbiamo potuto constatare in questa storia, i legami di sangue resistono indissolubili a qualsiasi asperità, non potevamo che aspettarci che l’amore tra padre e figlio avrebbe prima o poi sconfitto qualsiasi distanza o barriera temporale, e il padre fuggitivo, conscio di cosa si prova a crescere senza un genitore accanto, sarebbe tornato speranzoso di poter abbracciare la sua prole.

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E così accadde in una insolita mattina afosa, quando il piccolo Leslie in una delle sue esplorazioni si imbattè in un uomo vestito di ferro e dai capelli di fuoco, il qual vedendolo saltellare verso di sè non seppe nascondere l’emozione nemmeno sotto la pesante armatura che portava.
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#89

Con il cuore che gli esplodeva nel petto prese in braccio il piccolo, rendendosi conto di quanto gli somigliasse e rallegrandosi dell’aspetto sano e colorito provò un immenso sollievo nel constatare che la maledizione non aveva lasciato alcuno strascico sul bambino.
Leslie si trovò subito a proprio agio a quell’altezza, ma era un bambino ancora incosciente e poichè la gente del villaggio era tutta ‘amica’, si sarebbe gettato tra le braccia di qualsiasi sconosciuto, anche se quei capelli così sgargianti gli davano un senso di famigliarità e gli occhi luminosi dello straniero gli sembravano così buffi e simpatici.

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Quando Umi si alzò nervosamente in cerca del suo piccolo esploratore, rimase letteralmente pietrificata alla vista di Leslie che le si avvicinava sostenuto da quell’uomo dall’armatura luccicante: sebbene non vi avesse mai creduto realmente, in fondo al suo cuore era sempre rimasta la speranza di rivedere Lestat e suo figlio insieme, e più e più volte si era sorpresa a sognare una famiglia felice, lei nell’orto e il marito ad occuparsi di importati affari, con tre o quattro marmocchi che correvano per la casa, la zia Fuu in giardino immersa nella lettura e magari un Grifone domestico appisolato sul tetto.
Era forse possibile un futuro ancora più radioso di quello che si era sempre aspettata? Lestat era tornato per restare per sempre con lei? Il piccolo Leslie sarebbe andato d’accordo con il padre? E Fuu si sarebbe ripresa anch’essa dallo shock (ora giaceva svenuta sulla sedia, era una ragazza particolarmente emotiva)?
Sorridendo al suo cavaliere, Umi non sapeva se tutto sarebbe andato come sperava, ma in quel momento desiderava solo riabbracciare Lestat e il suo bambino.

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E mi sento in dovere di aggiungere .. ‘e vissero per sempre felici e contenti’.
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